Remunerazione di collaboratori e consulenti nello studio odontoiatrico
La remunerazione di collaboratori e consulenti nello studio odontoiatrico è un tema complesso e delicato, che richiede una corretta gestione sia dal punto di vista fiscale che contrattuale.
In generale, si può dire che la remunerazione dei collaboratori dipende dal tipo di rapporto che si instaura con il titolare dello studio, che può essere di natura subordinata o parasubordinata.
Inoltre, la remunerazione può essere articolata in diverse forme, tra cui il compenso in denaro, i rimborsi spese, i fringe benefit e i piani di welfare.
Il compenso in denaro è la forma più comune e semplice di remunerazione, che consiste nel pagamento di una somma fissa o variabile in base al lavoro svolto o ai risultati raggiunti. Il compenso in denaro è soggetto a ritenuta d’acconto, contributi previdenziali e IRPEF per il collaboratore, mentre è deducibile per il titolare dello studio.
I rimborsi spese sono le somme che il titolare dello studio corrisponde al collaboratore per il rimborso delle spese sostenute per l’esercizio della professione, come ad esempio le spese di viaggio, di vitto e alloggio, di formazione, ecc. I rimborsi spese sono esenti da tassazione e da contribuzione se rispettano determinate condizioni, come ad esempio la documentazione delle spese, la congruità degli importi e la pertinenza con l’attività svolta.
I fringe benefit sono i benefici accessori che il titolare dello studio concede al collaboratore sotto forma di beni o servizi, come ad esempio l’auto aziendale, il telefono cellulare, l’assicurazione sanitaria, ecc. I fringe benefit sono considerati redditi in natura per il collaboratore e sono tassati secondo le regole previste dal TUIR. Alcuni fringe benefit sono esclusi dalla tassazione se rientrano nelle categorie previste dalla legge, come ad esempio la previdenza complementare, la sanità integrativa, la formazione professionale, ecc.
I piani di welfare sono le iniziative che il titolare dello studio mette in atto per migliorare la qualità della vita e del lavoro del collaboratore, come ad esempio l’assistenza familiare, il sostegno alla genitorialità, lo sport e il tempo libero, ecc. I piani di welfare sono esclusi dalla tassazione se rispettano i requisiti previsti dalla legge, come ad esempio la collettività dei beneficiari, la non sostituzione del reddito da lavoro e la non monetizzabilità dei servizi.
La scelta della forma e dell’entità della remunerazione dei collaboratori e dei consulenti nello studio odontoiatrico dipende da vari fattori, tra cui le esigenze del titolare dello studio, le aspettative del collaboratore, le norme fiscali e contrattuali vigenti.
La remunerazione deve essere adeguata al valore del lavoro svolto e al mercato di riferimento, ma anche equa e trasparente per evitare conflitti o contenziosi.
Le differenze tra il rapporto subordinato e parasubordinato sono principalmente due: il grado di autonomia e la dipendenza economica del lavoratore.
Il rapporto subordinato è caratterizzato da un vincolo gerarchico tra il datore di lavoro e il lavoratore, che deve eseguire le direttive e gli ordini del primo. Il lavoratore subordinato non ha alcuna libertà nella scelta del contenuto, dei modi e dei tempi della prestazione. Inoltre, il lavoratore subordinato è integrato nell’ organizzazione aziendale del datore di lavoro, che ne assume il rischio d’impresa. Il rapporto subordinato è regolato da norme stringenti di tutela del lavoratore, che prevedono ad esempio la retribuzione, la durata massima dell’orario di lavoro, le ferie, i permessi, la malattia, la maternità, la previdenza sociale, la sicurezza sul lavoro, ecc.
Il rapporto parasubordinato, invece, è una forma di lavoro autonomo che presenta alcuni elementi tipici del lavoro subordinato, come la collaborazione continuativa e personale all’impresa del committente. Il lavoratore parasubordinato ha una maggiore autonomia nella gestione della propria attività, che può svolgere anche presso la propria sede o con i propri mezzi. Tuttavia, il lavoratore parasubordinato è dipendente economicamente dal committente, che ne determina le condizioni contrattuali e gli obiettivi da raggiungere. Il rapporto parasubordinato è assimilato al lavoro subordinato sotto il profilo fiscale e contributivo, ma non gode delle stesse tutele previste per il lavoro dipendente. Alcune forme di tutela sono state introdotte dalla legge con riferimento ad alcune categorie di lavoratori parasubordinati, come ad esempio gli assegni per il nucleo familiare, l’ indennità di malattia e di maternità o l’assicurazione contro gli infortuni.
I vantaggi e gli svantaggi del rapporto subordinato e parasubordinato dipendono dal punto di vista del lavoratore o del datore di lavoro. In generale, si può dire che:
- Il rapporto subordinato offre al lavoratore una maggiore stabilità, sicurezza e tutela, ma anche una minore autonomia, flessibilità e possibilità di crescita professionale. Il datore di lavoro, invece, ha un maggior controllo, direzione e organizzazione del lavoro, ma anche maggiori costi, vincoli e responsabilità.
- Il rapporto parasubordinato offre al lavoratore una maggiore autonomia, flessibilità e opportunità di sviluppo professionale, ma anche una minore stabilità, sicurezza e tutela. Il datore di lavoro, invece, ha un minor controllo, direzione e organizzazione del lavoro, ma anche minori costi, vincoli e responsabilità.
Il lavoro autonomo e il lavoro parasubordinato sono due forme di lavoro che si differenziano per alcuni aspetti. In generale, si può dire che:
- Il lavoro autonomo è caratterizzato dalla mancanza di un vincolo di subordinazione tra il lavoratore e il committente. Il lavoratore autonomo decide in modo indipendente le modalità, i tempi e i luoghi della prestazione, utilizzando i propri mezzi e assumendosi il rischio d’impresa. Il lavoro autonomo è regolato dal codice civile e non prevede particolari tutele per il lavoratore, che deve provvedere autonomamente alla sua previdenza sociale e fiscale.
- Il lavoro parasubordinato è una forma di lavoro autonomo che presenta alcuni elementi tipici del lavoro subordinato, come la collaborazione continuativa e personale all’ impresa del committente. Il lavoratore parasubordinato ha una maggiore autonomia rispetto al lavoratore dipendente, ma è dipendente economicamente dal committente, che ne determina le condizioni contrattuali e gli obiettivi da raggiungere. Il lavoro parasubordinato è assimilato al lavoro subordinato sotto il profilo fiscale e contributivo, ma non gode delle stesse tutele previste per il lavoro dipendente. Alcune forme di tutela sono state introdotte dalla legge con riferimento ad alcune categorie di lavoratori parasubordinati, come ad esempio gli assegni per il nucleo familiare, l’indennità di malattia e di maternità o l’assicurazione contro gli infortuni.
La retribuzione è il compenso che il lavoratore riceve dal committente per la prestazione di un’opera o un servizio, con lavoro prevalentemente proprio e senza vincolo di subordinazione. La retribuzione nel lavoro autonomo non è determinata da un contratto collettivo, ma dipende dalla libera negoziazione tra le parti, tenendo conto del valore del lavoro svolto e del mercato di riferimento. La retribuzione nel lavoro autonomo può essere fissa o variabile, in base al tipo di attività svolta e agli obiettivi raggiunti.
Per calcolare la retribuzione nel lavoro autonomo, bisogna tenere conto di due elementi principali: il reddito lordo e il reddito netto. Il reddito lordo è la somma dei compensi percepiti dal lavoratore autonomo nel periodo d’imposta, che corrisponde alle fatture emesse ed incassate dai committenti. Il reddito netto è la differenza tra il reddito lordo e le spese sostenute dal lavoratore autonomo per l’esercizio dell’attività, che corrisponde alle fatture o ricevute fiscali passive pagate dal lavoratore. Le spese sono inerenti all’ attività svolta e possono essere di varia natura, come ad esempio le spese per i beni strumentali, le spese per i servizi professionali, le spese per la formazione, le spese per i contributi previdenziali, ecc.
La formula per calcolare il reddito netto di un lavoratore autonomo è la seguente:
Reddito netto = Reddito lordo - Spese
Esempio: se un lavoratore autonomo ha percepito 30.000 euro di compensi lordi e ha sostenuto 10.000 euro di spese, il suo reddito netto sarà di 20.000 euro.
Il reddito netto è il reddito effettivo che il lavoratore autonomo ha a disposizione dopo aver pagato le tasse e i contributi. Il reddito netto è soggetto a tassazione secondo le aliquote Irpef previste per il lavoro autonomo, che variano in base alla fascia di reddito. Inoltre, il lavoratore autonomo deve versare i contributi previdenziali alla cassa di appartenenza, che variano in base alla categoria professionale e al regime contributivo scelto.
Per calcolare i contributi previdenziali, bisogna seguire alcuni passaggi:
1. Bisogna determinare il reddito imponibile, che corrisponde alla somma dei compensi percepiti dal lavoratore autonomo nel periodo d’imposta, al netto delle spese sostenute per l’esercizio dell’attività. Le spese devono essere documentate e inerenti all’ attività svolta.
2. Bisogna applicare l’aliquota contributiva al reddito imponibile, tenendo conto del tipo di attività svolta e della presenza o meno di altre forme di previdenza obbligatoria o pensione. Le aliquote contributive variano in base alla categoria professionale e al regime contributivo scelto. In generale, le aliquote sono le seguenti:
- 33% per i lavoratori autonomi con partita IVA che non sono iscritti ad altre gestioni di previdenza obbligatoria né pensionati;
- 24% per i lavoratori autonomi con partita IVA che sono già pensionati o assicurati presso altre forme previdenziali obbligatorie;- 25% per i professionisti senza cassa che non sono iscritti ad altre gestioni di previdenza obbligatoria né pensionati;
- 34,23% per i collaboratori e le figure assimilate che non hanno altra copertura previdenziale.
3. bisogna verificare il rispetto dei minimali e dei massimali di contribuzione previsti dalla legge. Per l’anno 2022, il massimale di reddito è pari a 105.014 euro, mentre il minimale è pari a 16.243 euro. Questo significa che il reddito imponibile non può essere inferiore al minimale né superiore al massimale ai fini del calcolo dei contributi.
4. bisogna ripartire l’onere contributivo tra il lavoratore e il committente, se previsto. In alcuni casi, infatti, il committente è tenuto a versare una quota dei contributi dovuti dal lavoratore, che viene trattenuta alla fonte. La ripartizione dell’onere contributivo varia in base alla tipologia di rapporto e all’aliquota applicata. In generale, la ripartizione è la seguente:
100% a carico del lavoratore per i lavoratori autonomi con partita IVA e i professionisti senza cassa;
1/3 a carico del lavoratore e 2/3 a carico del committente per i collaboratori e le figure assimilate.
Il reddito imponibile è il reddito che viene sottoposto a tassazione da parte dello Stato, in base alle aliquote previste per le diverse categorie di reddito. Il reddito imponibile si calcola sottraendo al reddito complessivo lordo, che è la somma dei redditi percepiti in un anno da una persona fisica, gli oneri deducibili e le deduzioni per oneri di famiglia. Gli oneri deducibili sono spese sostenute dal contribuente che lo Stato riconosce come utili o necessarie, come ad esempio le spese mediche, le spese per la formazione, i contributi previdenziali, ecc. Le deduzioni per oneri di famiglia sono importi che lo Stato concede al contribuente in base alla sua situazione familiare, come ad esempio il numero dei figli a carico, il coniuge non lavoratore, ecc. Il reddito imponibile può variare a seconda del regime fiscale a cui il contribuente è soggetto, che può essere ordinario, semplificato o forfettario.
La retribuzione del collaboratore ortodontista è il compenso che il titolare dello studio odontoiatrico corrisponde al professionista esterno che svolge le prestazioni di ortodonzia per i pazienti dello studio. La retribuzione del collaboratore ortodontista può essere stabilita in base a diversi criteri, tra cui:
Una percentuale sugli incassi ottenuti dall’area ortodonzia, che può variare in base al mercato di riferimento, al valore del lavoro svolto e alla negoziazione tra le parti. Una percentuale corretta potrebbe essere il 40% degli incassi per l’ortodontista.
Una somma fissa per ogni paziente o per ogni seduta, che può dipendere dal tipo di trattamento ortodontico effettuato, dalla durata e dalla complessità dello stesso. La tariffa media per una seduta di ortodonzia invisibile è di 250 euro.
Una combinazione delle due modalità precedenti, che può prevedere una quota fissa più una quota variabile in base agli incassi o ai risultati raggiunti.
Per calcolare la retribuzione del collaboratore ortodontista, bisogna tenere conto anche degli aspetti fiscali e contributivi che incidono sul reddito netto del professionista. Il collaboratore ortodontista deve emettere fattura al titolare dello studio per ogni prestazione svolta e versare le imposte e i contributi previdenziali secondo il regime fiscale e il regime contributivo a cui è soggetto. Inoltre, il titolare dello studio deve trattenere alla fonte una quota dei contributi previdenziali dovuti dal collaboratore, se previsto dal contratto collettivo nazionale di lavoro (CCNL) applicato. Il CCNL di riferimento per i collaboratori ortodontisti è quello degli studi professionali, che prevede una ripartizione dell’onere contributivo tra il lavoratore e il committente in misura di 1/3 a carico del lavoratore e 2/3 a carico del committente.
La retribuzione del collaboratore implantologo e/o chirurgo parodontale è il compenso che il titolare dello studio odontoiatrico corrisponde al professionista esterno che svolge le prestazioni di implantologia e chirurgia orale per i pazienti dello studio. La retribuzione del collaboratore implantologo e chirurgo può essere stabilita in base a diversi criteri, tra cui:
Una percentuale sugli incassi ottenuti dall’area implantologia e chirurgia, che può variare in base al mercato di riferimento, al valore del lavoro svolto e alla negoziazione tra le parti. Una percentuale corretta potrebbe essere il 50% degli incassi per l’implantologo.
Una somma fissa per ogni paziente o per ogni seduta, che può dipendere dal tipo di trattamento implantologico o chirurgico effettuato, dalla durata e dalla complessità dello stesso. La tariffa media per un impianto dentale è di 1.500 euro.
Una combinazione delle due modalità precedenti, che può prevedere una quota fissa più una quota variabile in base agli incassi o ai risultati raggiunti.
Per calcolare la retribuzione del collaboratore implantologo e chirurgo, bisogna tenere conto anche degli aspetti fiscali e contributivi che incidono sul reddito netto del professionista. Il collaboratore implantologo e chirurgo deve emettere fattura al titolare dello studio per ogni prestazione svolta e versare le imposte e i contributi previdenziali secondo il regime fiscale e il regime contributivo a cui è soggetto. Inoltre, il titolare dello studio deve trattenere alla fonte una quota dei contributi previdenziali dovuti dal collaboratore, se previsto dal contratto collettivo nazionale di lavoro (CCNL) applicato. Il CCNL di riferimento per i collaboratori implantologi e chirurghi è quello degli studi professionali, che prevede una ripartizione dell’onere contributivo tra il lavoratore e il committente in misura di 1/3 a carico del lavoratore e 2/3 a carico del committente.
La retribuzione del collaboratore endodontista è il compenso che il titolare dello studio odontoiatrico corrisponde al professionista esterno che svolge le prestazioni di endodonzia per i pazienti dello studio. La retribuzione del collaboratore endodontista può essere stabilita in base a diversi criteri, tra cui:
Una percentuale sugli incassi ottenuti dall’area endodonzia, che può variare in base al mercato di riferimento, al valore del lavoro svolto e alla negoziazione tra le parti. Una percentuale corretta potrebbe essere il 45% degli incassi per l’endodontista.
Una somma fissa per ogni paziente o per ogni seduta, che può dipendere dal tipo di trattamento endodontico effettuato, dalla durata e dalla complessità dello stesso. La tariffa media per una devitalizzazione è di 300 euro.
Una combinazione delle due modalità precedenti, che può prevedere una quota fissa più una quota variabile in base agli incassi o ai risultati raggiunti.
Per calcolare la retribuzione del collaboratore endodontista, bisogna tenere conto anche degli aspetti fiscali e contributivi che incidono sul reddito netto del professionista. Il collaboratore endodontista deve emettere fattura al titolare dello studio per ogni prestazione svolta e versare le imposte e i contributi previdenziali secondo il regime fiscale e il regime contributivo a cui è soggetto. Inoltre, il titolare dello studio deve trattenere alla fonte una quota dei contributi previdenziali dovuti dal collaboratore, se previsto dal contratto collettivo nazionale di lavoro (CCNL) applicato. Il CCNL di riferimento per i collaboratori endodontisti è quello degli studi professionali, che prevede una ripartizione dell’onere contributivo tra il lavoratore e il committente in misura di 1/3 a carico del lavoratore e 2/3 a carico del committente.
La retribuzione del collaboratore igienista dentale è il compenso che il titolare dello studio odontoiatrico corrisponde al professionista esterno che svolge le prestazioni di igiene orale per i pazienti dello studio. La retribuzione del collaboratore igienista dentale può essere stabilita in base a diversi criteri, tra cui:
- Una percentuale sugli incassi ottenuti dall’area igiene, che può variare in base al mercato di riferimento, al valore del lavoro svolto e alla negoziazione tra le parti. Una percentuale corretta potrebbe essere il 30% degli incassi per l’igienista.
- Una somma fissa per ogni paziente o per ogni seduta, che può dipendere dal tipo di trattamento di igiene orale effettuato, dalla durata e dalla complessità dello stesso. La tariffa media per una seduta di igiene orale è di 80 euro.
- Una combinazione delle due modalità precedenti, che può prevedere una quota fissa più una quota variabile in base agli incassi o ai risultati raggiunti.
Per calcolare la retribuzione del collaboratore igienista dentale, bisogna tenere conto anche degli aspetti fiscali e contributivi che incidono sul reddito netto del professionista. Il collaboratore igienista dentale deve emettere fattura al titolare dello studio per ogni prestazione svolta e versare le imposte e i contributi previdenziali secondo il regime fiscale e il regime contributivo a cui è soggetto. Inoltre, il titolare dello studio deve trattenere alla fonte una quota dei contributi previdenziali dovuti dal collaboratore, se previsto dal contratto collettivo nazionale di lavoro (CCNL) applicato. Il CCNL di riferimento per i collaboratori igienisti dentali è quello degli studi professionali, che prevede una ripartizione dell’onere contributivo tra il lavoratore e il committente in misura di 1/3 a carico del lavoratore e 2/3 a carico del committente.
RICAPITOLANDO:
La modalità di pagamento dei collaboratori nello studio odontoiatrico è un aspetto importante da definire in modo chiaro e vantaggioso per entrambe le parti. Esistono diverse modalità di pagamento possibili, tra cui:
Il pagamento a percentuale sugli incassi: consiste nel corrispondere al collaboratore una quota percentuale degli incassi ottenuti dallo studio per le prestazioni svolte dal collaboratore stesso. Questa modalità ha il vantaggio di incentivare il collaboratore a svolgere un lavoro di qualità e a fidelizzare i pazienti, ma ha lo svantaggio di rendere variabile la retribuzione in base al volume di lavoro e agli eventuali ritardi o mancati pagamenti dei pazienti. Inoltre, richiede una gestione contabile accurata e trasparente da parte dello studio. La percentuale da applicare può variare in base al mercato di riferimento, al valore del lavoro svolto e alla negoziazione tra le parti.
Le percentuali corrette per entrambi le parti, potrebbe essere il 40% degli incassi per l’ortodontista, il 50% per l’implantologo, il 45% per l’endodontista e il 30% per l’igienista.
Il pagamento a somma fissa per ogni paziente o per ogni seduta: consiste nel corrispondere al collaboratore una somma fissa prestabilita per ogni paziente o per ogni seduta, indipendentemente dagli incassi dello studio. Questa modalità ha il vantaggio di rendere certa e stabile la retribuzione del collaboratore, ma ha lo svantaggio di non tener conto del tipo, della durata e della complessità delle prestazioni svolte dal collaboratore. Inoltre, può disincentivare il collaboratore a svolgere un lavoro di qualità e a fidelizzare i pazienti. La somma fissa da applicare può dipendere dal tipo di trattamento effettuato, dalla durata e dalla complessità dello stesso. La tariffa media per una seduta di ortodonzia invisibile è di 250 euro, per un impianto dentale è di 1.500 euro, per una devitalizzazione è di 300 euro e per una seduta di igiene orale è di 80 euro.
Il pagamento a combinazione delle due modalità precedenti: consiste nel corrispondere al collaboratore una quota fissa più una quota variabile in base agli incassi o ai risultati raggiunti. Questa modalità ha il vantaggio di bilanciare i pro e i contro delle due modalità precedenti, garantendo al collaboratore una retribuzione minima sicura e un incentivo alla qualità e alla fidelizzazione dei pazienti. La combinazione delle due modalità può essere stabilita in base alla negoziazione tra le parti, tenendo conto del mercato di riferimento, del valore del lavoro svolto e degli obiettivi da raggiungere.
Redazione Odontoiatria Italia
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